Presentazione del Racing Team Giant Bike Center Cimone 2024

blogs

Una festa per atleti e sponsor grazie ad AutoTorino Busto Arsizio

La presentazione del Team Giant Bike Center Cimone, tenutasi il 3 marzo 2024 presso il prestigioso Salone Auto Torino Jeep di Busto Arsizio, ha rappresentato un momento cruciale nel panorama italiano gravity del 2024.

Con il sostegno incondizionato di partner di primo piano come Giant, OwlXRideWillOhlins, Switch, e lo stesso Auto Torino il team ha sottolineato l'importanza della collaborazione e del supporto tecnologico nel ciclismo moderno.

Il cuore pulsante del team è rappresentato dai suoi membri, che sono stati ringraziati uno ad uno dal team principal Matteo Tini. Cesare Proasso alla guida dell'allenamento e della gestione degli atleti, Simone Hinek che coordina l'Academy dei giovanissimi, e Simone Medici che, oltre a distinguersi come atleta di Coppa del Mondo, ricopre anche il ruolo di Team Coordinator. Seguono poi Paolo Mazzoli (tecnico delle sospensioni), Gigio (meccanico), Filippo Daniele (comunicazione e social media), Marina (cuoca e logistica) e Raffaella (amministrazione), che contribuiscono tutti in maniera essenziale.

Il team come un'unica grande famiglia

Il Team Bike Center Cimone, da quest'anno nominato Giant Bike Center Cimone, si caratterizza per essere un'unica grande famiglia, suddivisa in squadre specializzate: il Pro Team, il team Enduro, e lo Junior Team. Questa strutturazione permette di affrontare le diverse sfide del con un approccio mirato e altamente professionale che rende l'organizzazione fondata da Matteo Tini una delle uniche due realtà che sono in grando di fare presenza fissa alla Coppa del Mondo UCI di downhill.

Programma e obiettivi futuri

Il calendario delle competizioni 2024 vede il team impegnato in importanti gare Downhill ed MTB Enduro, sia a livello nazionale che internazionale, con l'obiettivo di continuare a far brillare i colori del team sulle scene più competitive del panorama gravity.

Una novità rispetto agli anni passati che è stata per l'anno in corso riguarda gli allenamenti. Nel 2024, in fatti, le sessioni di allenamento non si terranno solo per il periodo di pre-season, ma si protrarranno per tutto il corso la stagione, in modo tale da supportare al meglio le esigenze e la preprazione dei rider.   

Una nota importante è che quest'anno uno dei due top rider, Stefano Introzzi, grazie ad un accordo raggiunto con lo sponsor RideWill, si dedicherà con maggiore impegno alla preparazione tecnica e atletica, per scatenare tutto il suo potenziale, inseguendo i suoi ambiziosi obiettivi nella coppa del mondo di DH. 

Il Team ha anche espresso un profondo ringraziamento ai genitori degli atleti, sottolineando come il sostegno della famiglia sia fondamentale per la pratica di questo sport. Con l'impegno di protrarre gli allenamenti durante tutto l'anno, il team mira inoltre a mantenere e consolidare il clima di serenità e familiarità che lo caratterizza da sempre e che rappresenta uno dei pilastri fondamentali della sua filosofia.

Un futuro promettente

E' intervenuto anche Fabio Arcardini, responsabile Marketing e Sponsorhips di Giant italia, ribadendo l'importanza dell'appoggio di Giant all'iniziativa e sottolineando come l'anno scorso abbia segnato l'inizio di un cammino ricco di aspettative per Giant. Un cammino che prosegue e si consolida con la decisione di supportate il team Cimone Bike Center nel 2024. L'obiettivo del colosso taiwanese è quello di continuare su questa strada, promuovendo lo spirito di squadra e l'eccellenza mettendo a disposizione del team le migliori biciclette della gamma MTB Giant 2024.

L'impegno del Team Bike Cimone rappresenta un esempio brillante di come passione, dedizione e supporto possano confluire nella creazione di un ambiente competitivo ma al tempo stesso familiare e accogliente.

Jacopo Vigna

Blog simili

Novità
Accessori per bici: scopri la luce LED con GPS incorporato
Tra gli accessori per bici del momento, vale la pena prestare attenzione alla luce LED con GPS incorporato lanciata da poco sul mercato, adatta sia ai ciclisti urbani che a coloro che amano attraversare percorsi e sentieri immersi nella natura, complici le temperature miti autunnali. La duplice funzione di questo apparecchio consente non solo di spostarsi in maniera sicura in sella alle due ruote durante le ore notturne, ma anche di proteggere la bici da tentativi di furto e manomissioni. L’antifurto discreto e invisibile: il GPS per bici con luce LED Con l’arrivo dell’autunno diminuiscono le ore di luce durante la giornata, e spesso capita di rientrare a casa quando ormai è già buio. Per chi si sposta in bici per andare al lavoro, svolgere commissioni o fare escursioni nel fine settimana, è fondamentale rendersi visibile anche in condizioni di scarsa visibilità dovute a pioggia, nebbia o assenza di sole. Fissare una luce LED in prossimità della sella o del portapacchi è una scelta essenziale per aumentare la sicurezza e prevenire incidenti o situazioni pericolose. Il brand tedesco di GPS PAJ, da sempre impegnato nella sicurezza di chi si sposta su due o quattro ruote, ha realizzato un accessorio in grado di risolvere due problemi comuni: la visibilità notturna — legata all’alto tasso di incidenti che coinvolgono i ciclisti — e il furto di biciclette. Il dispositivo LED BICYCLE FINDER ha le dimensioni e l’aspetto di una normale luce posteriore, ma nasconde al suo interno un GPS per bici completamente invisibile, capace di rilevare spostamenti e movimenti anomali. Grazie ai numerosi allarmi integrati, il dispositivo può inviare notifiche allo smartphone dell’utente in caso di cadute, spostamenti non autorizzati o superamento dei limiti di velocità impostati. Inoltre, la funzione geofence — o “recinto virtuale” — permette di ricevere un avviso ogni volta che la bici esce da un’area di sicurezza predefinita tramite l’app o il portale Finder di PAJ. Un esempio pratico? È possibile impostare il parcheggio del luogo di lavoro, l’area intorno a una baita in montagna o il cortile del proprio condominio come zone sicure, ricevendo un avviso in caso di movimento imprevisto. Un antifurto integrato e difficilmente individuabile Uno dei principali vantaggi di questo accessorio è la sua discrezione: essendo incorporato nella luce LED, non è riconoscibile come localizzatore GPS. Questo riduce notevolmente il rischio che venga rimosso da malintenzionati. Chi ruba bici di valore spesso sa dove cercare i GPS — nel canotto forcella, sotto la sella o vicino al portaborraccia — ma nel caso del GPS LED PAJ l’identificazione e la rimozione risultano molto più difficili. Funzionalità accessorie del dispositivo 2 in 1 LED e GPS per bici Questo accessorio non serve solo a proteggere la bici, ma anche il ciclista. Il LED con GPS integrato rende il mezzo visibile di notte, riducendo il rischio di incidenti, e può rilevare cadute inviando un segnale di allarme ai contatti salvati nell’app associata. In caso di caduta dovuta a asfalto bagnato o terreno irregolare, il sistema invia la posizione precisa dell’incidente allo smartphone di amici o familiari, permettendo loro di intervenire rapidamente. Una funzione particolarmente utile se chi pedala è un bambino o un minore. Tecnologia 4G e copertura globale Il LED con GPS PAJ è dotato di tecnologia 4G e di una scheda SIM con copertura mondiale. Ciò consente di accedere ai dati sugli spostamenti della bici da qualsiasi luogo, anche all’estero, o di monitorarla a distanza se parcheggiata in zone isolate o prive di videosorveglianza. Per chi ama organizzare escursioni in bici in gruppo, l’accessorio permette inoltre di memorizzare percorsi, punti di sosta e luoghi di interesse, condividendoli con amici e familiari. In questo modo è possibile conservare i propri itinerari preferiti e tenere sempre sotto controllo i compagni di viaggio. Prezzo e conclusioni Con un prezzo inferiore ai 50€ e un ampio ventaglio di funzionalità avanzate, la luce LED con GPS per bici incorporato rappresenta un investimento intelligente per chi desidera pedalare in libertà, sicurezza e senza preoccupazioni. Un accessorio 2 in 1 che unisce visibilità, antifurto e tecnologia smart: la soluzione perfetta per ciclisti urbani, sportivi o amanti delle escursioni.
23-10-2025 Leggi Read
Novità
450 decisioni in 3 minuti: l'aspetto mentale delle gare di downhill elite
Nel mondo delle gare di downhill di Coppa del Mondo UCI, la tecnica e la preparazione fisica sono fondamentali, ma vengono oramai date quasi per scontato per gli atleti che vogliono entrare in finale. Tutti i rider con velleità di podio, ma anche di finire in top ten hanno una condizione atletica eccellente e una padronanza della bici che sfiora la perfezione. I dist<cchi cronometrici sono sempre più risicati e ogni run è sempre più vicina al limite, con velocità medie superiori ai 34Km/h che sono oramai paragonabili a quelle del motocross. Ma allora cosa fa davvero la differenza tra chi vince e chi resta nelle retrovie? La risposta è nella mente. Lo conferma anche Red Bull, che in un recente video sintetizza così una verità oggettiva che, finora, a molti - ancnhe fra i più appassionati e attenti di downhill racing era sfuggita: “Nella run di Coppa del Mondo sulla Black Snake in Val di Sole, in 3 minuti e mezzo gli atleti devono affrontare 95 curve e 450 decisioni: una media di oltre 2 decisioni al secondo.” Un carico cognitivo mostruoso. E, per certi tratti, sulla Black Snake della Val di Sole si parla di 5 o 6 decisioni al secondo, in condizioni di stress psicofisico estremo. Tempo di reazione umano: un limite biologico, una sfida mentale Dal momento in cui il cervello percepisce uno stimolo (visivo, acustico o tattile) al momento in cui i muscoli rispondono con un'azione, trascorre un intervallo noto come tempo di reazione. Nei soggetti normali, questo tempo varia da circa 0,2 a 0,3 secondi, ma può ridursi a 0,1 secondi nei casi più allenati o in presenza di reazioni riflesse automatizzate. Il tempo di reazione dipende da diversi fattori: tipo di stimolo, distanza fisica tra cervello e muscoli coinvolti, massa muscolare da attivare, e ovviamente dall’allenamento mentale specifico. Alcuni atleti, con esercizi ripetuti, riescono a "saltare" la fase decisionale conscia, trasformando le risposte in veri e propri riflessi. Applicato al downhill racing, questo concetto ha implicazioni estreme: se un rider deve prendere oltre 2 decisioni al secondo per 210 secondi consecutivi (come indicato da Red Bull), significa che sta operando costantemente al limite del tempo di reazione umano. In sezioni più complesse, dove si superano le 5 decisioni al secondo, si entra in una dimensione in cui solo una mente perfettamente allenata, capace di agire prima ancora di pensare, può reggere la pressione. In questo senso, il downhill diventa uno degli sport cognitivamente più impegnativi al mondo. Il cervello non è solo un processore di dati, ma un sistema reattivo ad alte prestazioni, costantemente sollecitato al confine delle proprie capacità biologiche. Micro-scelte possono essere richieste a velocità dell'ordine dei millisecondi ed è qui che il cervello diventa l’elemento determinante della performance. Flow state e attivazione corticale Nel downhill ad altissimo livello, il flow state non è solo una sensazione piacevole o un bonus mentale, ma una condizione necessaria per performare. Parliamo di quello stato di coscienza alterata in cui le azioni sembrano scorrere da sole, il tempo si dilata e il pensiero cosciente si riduce al minimo. I movimenti diventano automatici, le decisioni rapidissime, il controllo del mezzo totale. È come se mente, corpo e veicolo si fondessero in un’unica entità. Il termine fu teorizzato dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi, che identificò una serie di condizioni affinché si entri in flow: la sfida deve essere elevata, ma proporzionata alle capacità dell’individuo; ci dev’essere un obiettivo chiaro, un feedback immediato e la totale immersione nel presente. Ed è esattamente ciò che succede in una run di World Cup: ogni curva è una sfida, ogni feedback della bici arriva in tempo reale, e l’unica cosa che esiste è l’adesso. Ma entrare in flow non è automatico. Richiede una preparazione mentale costante, la capacità di gestire lo stress, e soprattutto un controllo perfetto delle emozioni. La paura, il rumore del pubblico, la tensione della classifica: tutto deve essere messo a tacere. I migliori rider non sono solo i più forti tecnicamente, ma anche quelli in grado di attivare volontariamente questo stato mentale nei momenti che contano. Il paradosso è che, mentre l’ambiente esterno è al massimo della complessità (radici, rocce, alberi, velocità elevate, ostacoli, ...), l’interno dell’atleta deve essere al massimo della semplicità: una mente libera, focalizzata, che non pensa ma sente. In downhill, il flow non è un lusso: è l’unico modo per rimanere in piedi quando tutto il resto vorrebbe farti cadere. I segnali deboli che fanno la differenza I rider più performanti riescono a cogliere feedback sottili dal terreno, dalla bici, dalla sospensione. Il cervello diventa una centrale sensoriale ad altissima efficienza. "Alla fine, devo solo guidare la bici", dicono in molti. Ma guidare bene, sotto pressione, è tutta un’altra storia. Il paradosso del downhill Il downhill è uno degli sport più esplosivi in assoluto: si decide tutto in pochi minuti, spesso in un’unica run secca, dove non c’è spazio per sbagliare. Ma, paradossalmente, è anche uno degli sport più cerebrali che esistano. A differenza di discipline dove si ripetono schemi o movimenti, ogni discesa è un atto unico e irripetibile, influenzato da fattori esterni in continuo cambiamento: le linee che si modificano dopo il passaggio di altri rider, una luce diversa nel bosco, una raffica di vento, una radice umida che non c’era nelle prove. Per questo, ogni run è una vera e propria composizione improvvisata, dove il rider deve combinare in tempo reale: la memoria del tracciato (visualizzazione mentale e linee studiate nei giorni precedenti), l’istinto costruito in anni di riding (reazioni automatiche a situazioni impreviste), e la capacità decisionale sotto pressione (scegliere una linea diversa all’ultimo secondo, cambiare strategia, assorbire un errore). È una vera e propria sinfonia di attenzione, adattamento e fiducia cieca nel proprio corpo. Non si può pianificare tutto, ma non si può nemmeno andare “a sentimento”. Serve un equilibrio dinamico tra controllo e istinto, tra razionalità e automatismo. E questo la dice lunga su quanto si sbaglino coloro che, superficialmente, dichiarano "è uno sport da matti": non sono matti sono veri e propri piloti che vivono in equilibrio fra il rischio ed i propri limiti. Ecco perché, pur essendo uno sport in cui una gara dura meno di 5 minuti, il downhill richiede una profondità mentale simile a quella degli sport strategici. Ogni curva è una decisione. Ogni atterraggio una verifica di equilibrio. Ogni secondo una tensione tra quello che avevi previsto e quello che il tracciato ti sta restituendo davvero. Chi riesce a dominare questo paradosso – a pensare velocemente senza pensare troppo poco – è chi poi taglia il traguardo con una run che sembra magia. Ma dietro a quella magia ci sono anni di allenamento fisico e mentale. Perché nel downhill, spesso, il cervello frena o accelera più delle dita sul freno. Cosa possiamo imparare tutti Anche se non siamo atleti da World Cup, i concetti che emergono dalle run di alto livello non sono riservati ai rider élite, ma possono ispirare chiunque pratichi enduro, downhill o freeride, anche ma gari solo nei bike park al weekend. Al livello dei professionisti, il corpo è perfetto e il cervello è addestrato. Ma anche nel riding amatoriale, portare consapevolezza alla dimensione mentale può fare la differenza tra una discesa fluida e una giornata passata a combattere con la bici o con sé stessi. Ecco cosa possiamo iniziare ad applicare: Allenare la lettura del terreno Leggere il tracciato in anticipo, con sguardo ampio e predittivo, è una skill fondamentale. Non è solo questione di “vedere” ostacoli: si tratta di interpretare il linguaggio del trail, capire dove caricare, dove lasciare andare, dove frenare, dove galleggiare. Come si allena? Con l’esperienza, certo, ma anche filmando le proprie discese e rivedendole con occhio analitico. O osservando i migliori, fermandosi sul trail per guardare le linee scelte da chi ha più esperienza. Il cervello si allena come un muscolo La prestazione mentale si costruisce come quella fisica: con ripetizioni. La simulazione mentale (immaginare la propria run curva dopo curva), le ripetizioni visive (rivedere il percorso mentalmente o tramite video POV), e la visualizzazione dettagliata (usare immagini mentali nitide, con suoni, movimenti e percezioni fisiche) aiutano il cervello a reagire più velocemente in situazione reale. Molti rider esperti fanno una sorta di “run fantasma” nella mente prima della partenza. Non è fantasia: è neuroscienza. La respirazione e la gestione dell’ansia Respirare male o dimenticarsi di respirare durante la discesa è più comune di quanto si pensi. L’ansia genera apnea, l’apnea irrigidisce il corpo, e il corpo rigido guida male. Tecniche semplici di consapevolezza del respiro nei momenti chiave (prima della partenza o alla fine di un tratto impegnativo) possono migliorare significativamente la fluidità e la lucidità. I rider esperti lo sanno: più sei calmo dentro, più vai veloce fuori. Accettare l’errore e reagire Il mindset giusto non è quello che punta alla perfezione, ma quello che sa recuperare velocemente da un errore. Un dritto, un tocco di freno in più, una linea sbagliata: succede. La differenza la fa la reazione. Chi si blocca mentalmente perde ritmo. Chi accetta e reagisce torna subito in flow. Allenarsi a “lasciar andare” l’errore è parte del lavoro mentale di ogni buon rider. Anche per chi gareggia a Snowshoe o Fort William, lavorare sulla mente è una forma di progressione tecnica. Non basta fare gamba o cambiare gomme. Serve anche affinare il software che guida tutto il sistema: il nostro cervello. Perché in sella, anche a velocità più basse, la testa arriva sempre prima della ruota anteriore. Il Downhill è neuro-performance applicata Il downhill non è solo uno sport. Non è solo forza, tecnica, coraggio o riflessi. È una forma estrema di neuro-performance applicata, dove il cervello e il sistema nervoso centrale sono messi sotto pressione quanto – e più – dei muscoli. Ogni run è una prova totale di equilibrio tra stimolo e risposta, tra caos esterno e ordine interno. Il rider è costretto a prendere centinaia di decisioni in condizioni di scarso margine, ad altissime velocità, mentre il cuore pompa a oltre 180 battiti al minuto e le ruote sfiorano l’instabilità costante. In quello stato di massimo sforzo mentale e fisico, non esiste spazio per la distrazione, per il rimpianto, per il pensiero razionale. Solo presenza. Solo istinto allenato. Solo capacità di mantenere la lucidità quando tutto intorno vuole implodere. Per questo motivo, chi riesce a restare lucido per 3 minuti e mezzo, a dominare il proprio corpo e la propria mente in una situazione che sfida i limiti dell’essere umano, ha già vinto – indipendentemente dal cronometro, dal podio o dal punteggio UCI. Il downhill, nella sua forma più pura, è un esperimento umano in tempo reale. Un laboratorio di adattamento, percezione, concentrazione. E in un’epoca in cui tutto è misurato in dati e numeri, questa disciplina ci ricorda una verità antica: la performance più potente nasce sempre dentro la testa. Guarda il video Red Bull su Instagram →
27-06-2025 Leggi Read

Filtra i Blog

Loading...
go to top
Coming Soon
Stay tuned